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Bestiarium

Matt apre la porta, uno dei sacchi della spesa appeso a due delle sue dita mentre estrae la chiave ed entra in casa.

 

La porta si chiude alle sue spalle, spinta da un leggero colpo del piede. È stata un’ottima mattinata: il macellaio gli ha ripulito tutte le prede che gli ha portato due giorni prima e gli ha regalato qualche pezzo. Un bell’hamburger di cortodiolo ai funghinsetti per colazione è dietro l’angolo.

 

Ma il cacciatore non sa di essere diventato preda. Da dietro un angolo che porta al corridoio, qualcosa lo osserva. Una telecamera sporge dalla porta, il piccolo led rosso che si accende non appena inizia a riprendere l’uomo mentre porta la spesa in cucina.

 

- Ehi, Kon. – saluta lui, senza particolari enfasi. Indica la porta alle sue spalle col piede, i sacchi in mano. – Almeno me la chiudi? –

 

Konrad entra in sala, la telecamera in mano. Continua imperterrito a riprendere l’amico, nonostante sia stato scoperto. Un giorno riuscirà a coglierlo di sorpresa. Ma oggi non deve riprenderlo in momenti imbarazzanti. Oggi è il grande giorno, e pare che come suo solito Matt l’abbia scordato.

 

Matt sa perfettamente che oggi è il grande giorno in cui il paese dove abita assaggia per la prima volta il cortodiolo, ed è stato lui stesso a cacciarlo e portarlo al macellaio. E infatti ha i sacchi pieni di bistecche donate dal macellaio a cui ha consegnato la bestia.

 

Matt non si ricorda assolutamente che oggi è il grande giorno.

 

Dopo aver guardato per un attimo Konrad, che continuando a puntarlo con la telecamera tasta la parete per chiudere la porta, posa i sacchi della spesa sul tavolo. Qualcosa non quadra. Cosa c’è di strano oggi in casa? Gli ha preparato uno dei suoi soliti scherzi? Gli ha nascosto qualcosa? Dove sono i suoi coltelli da caccia?

 

Konrad, i capelli sparati in aria, finalmente è riuscito a infilare la chiave nella serratura senza distogliere lo sguardo dalla telecamerina, e finalmente chiude la porta. Poi, con un goffo scatto, raggiunge la cucina e torna ad inquadrare per bene Matt, mettendogli la cinepresa davanti al naso.

 

Lui si gira, in mano gli impacchi del macellaio e un cartone del latte, e inizia a sistemare la spesa nel frigo. Ma appena si volta nuovamente verso il tavolo, la telecamera, a qualche centimetro dagli occhi, gli sbarra la strada.

 

- Ma che diavolo fai? – chiede, confuso e scocciato.

 

- Maaaaat… - fa Konrad, trattenendo l’entusiasmo.

 

- Cosa! – sbotta lui, irritato.

 

- Che giorno è? –

 

Qualcosa scatta nella mente di Matt. Un bagliore di dubbio, la consapevolezza di aver dimenticato un dettaglio minuscolo eppur cruciale. L’ansia inizia a bruciare nel retro della sua anima, mentre realizza che, per un motivo che ancora non ricorda, tra poco sarà molto di fretta. Lentamente, si volta a guardare il calendario appeso alla parete accanto. Una fila di croci cancella i giorni passati, portando lo sguardo direttamente sul quadrato di oggi, evidenziato da cerchi di mille colori differenti e indicato da una decina di frecce. La più grossa di queste frecce collega il quadretto del giorno ad un’enorme scritta, che ricopre metà mese: “SI COMINCIA!”.

 

- Oh, cazzo! – grida Matt, lasciando cadere il cartone del latte che ancora aveva in mano. Si volta verso Konrad, che sorride dietro alla telecamera. - Tu ti occupi della spesa, io vado a prepararmi! –

 

Konrad ridacchia, soddisfatto, mentre Matt corre fuori dalla cucina, diretto in camera. Continua a riprendere mentre l’amico fugge, quando un miagolio stizzito giunge alle sue orecchie.

 

Nel momento in cui si gira, un gatto salta sul tavolo e lo osserva.

 

- Buongiorno, Erwin! – esclama Konrad, puntando la telecamera contro il felino. – Sei pronto? Oggi si parte per studiare nuove creature! –

 

Erwin gli caccia un’occhiata scettica, poi zampetta verso il sacchetto della spesa, infilando la testa al suo interno.

 

- Niente pappa adesso, Erwin. Tra dieci minuti arriva Ida a portarci il resto dell’attrezzatura e si parte. –

 

Il muso si ritira, stizzito, e il gatto si siede sul tavolo, in attesa. Konrad appoggia la telecamera sul tavolo accanto a lui, lo accarezza e raccoglie il cartone del latte che ha fatto cadere Matt. Le sue valigie sono già in macchina con metà dell’attrezzatura, ha tutto il tempo di riordinare mentre aspetta che Ida arrivi e Matt prepari le valigie. Certo che Matt almeno potrebbe trattenersi, ha quasi rotto il cartone del latte!

 

In lontananza, si sentono i passi rapidi di Matt che corre imprecando avanti e indietro per la casa, alla ricerca di vestiti e attrezzature.

 

- Konraaaaaad! – grida ad un certo punto. – Dove hai nascosto i miei coltelli da caccia? Maledetto! –

 

- Lavastoviglie! – risponde lui, continuando a mettere via la spesa.

 

- Ma sei serio?! –

 

A passi pesanti e lenti, Matt torna in cucina pestando i piedi per terra. Si ferma in mutande in mezzo alla stanza e fulmina con lo sguardo l’amico per un istante, poi apre la lavastoviglie ed estrae una mezza dozzina di coltelli, alcuni lunghi oltre i trenta centimetri.

 

- Tu i miei coltelli non li tocchi, hai capito? – fa, puntando una delle lame nella direzione di Konrad.

 

- E tu lavali dopo aver tagliato un Cortodiolo! Sai quanto puzzavano di marcio? –

 

Matt borbotta qualcosa, consapevole di essere nel torto. Avevano un tanfo nauseabondo, ora profumano vagamente di limone. Sembrano puliti bene. Forse dovrebbe dargli da lavare pure gli altri.

 

Un miagolio attira la sua attenzione. Voltandosi verso il tavolo nota Erwin, la zampa appoggiata sulla telecamera, che punta verso le sue natiche celate solo dalle mutande.

 

- Quella sta ancora registrando? – chiede.

 

- Già. – fa Konrad, senza girarsi.

 

Il cacciatore si copre le mutande con imbarazzo, attento a non accoltellarsi nel mentre, e scappa in camera, imprecando. In quell’istante, suona il campanello.

 

- Cazzoooo! – grida Matt da camera sua. – È Idaaaa! –

 

- Faccio io! – risponde Konrad.

 

Lo scienziato afferra la telecamera e si dirige verso la porta, seguito da Erwin. Ida non era una fanatica di mostri come Matt e Konrad, e per questo Erwin adora Ida. Finalmente una persona normale che non parla tutto il tempo di viscere di bestie!

 

Konrad apre la porta, puntando la telecamera verso l’esterno, rivelando una donna dai capelli raccolti in una coda bionda, la pelle candida come il cotone e gli occhi verdi come l’erba in primavera. Un grande sorriso percorre il suo volto.

 

- Ciao, Kon! – fa Ida, abbracciando lo scienziato.

 

- Ciao, Ida! – Konrad ricambia l’abbraccio, cercando di non perdere l’inquadratura sulla ragazza. - Tutto a posto? –

 

- A parte il fatto che voi due partiate per farvi un giro in Africa alla ricerca delle Catastrofi? Bene, dai. –

 

Ida incrocia le braccia, in segno di sfida. Questa discussione tra lei e Konrad si è prolungata così a lungo che ormai è diventato un gioco tra i due. Lei odia le Catastrofi e sa quanto Matt e Konrad le amano, uno per la caccia, l’altro per i suoi studi.

 

- Non sono mostri, Ida, sono animali. – replica Konrad, infastidito da questo suo giochetto. Sa che entrambi hanno ragione. – Sono come Erwin. O come era Erwin. –

 

- Miao. – commenta Erwin, strusciandosi contro le gambe di Konrad. Il paragone non è stato molto apprezzato.

 

- Ciao, bellissimo! – Ida lo prende in braccio e gli dà un bacio sulla fronte. – Cerca di tenerli d’occhio per me, d’accordo? –

 

- Miao. –

 

Konrad osserva il pickup di Ida, puntandolo con la telecamera.

 

- È tutto là dentro? – chiede.

 

- Provviste, telecamere, visori notturni, tende, pronto soccorso, bengala, attrezzatura di base… -

 

- Sei veramente un angelo, Ida. –

 

- Allora cercate di tornare integri. Non voglio mutilazioni, ustioni, graffi, reazioni allergiche o veleni mortali. –

 

- Veleni non mortali? –

 

- Nemmeno! –

 

- Ci proveremo. –

 

- Eccomiiiii! – grida tronfio Matt, uscendo dalla camera. Indossa un completo mimetico, con vari strati di giubbotto antiproiettile, ginocchiere, polsiere, gomitiere ed elmetto militare. Ha due cinture di proiettili che si incrociano formando una X sul suo petto, una fila di bombe a mano appese in vita accanto ai coltelli e imbraccia un fucile a pompa. Un lanciamissili è appoggiato sulla sua spalla.

 

- Ma che… - fa Ida.

 

- Ciao, Ida. – Matt cerca di abbassare il suo tono di voce di qualche ottava nel vano tentativo di sembrare più affascinante.

 

- Matt, andiamo lì a studiarli, non a cacciarli, quindi frena i tuoi istinti predatori. – dice Konrad. - E poi cosa te ne fai di tutta quella roba? –

 

- Be’, se ci attacca un Orosk, o se vogliamo bloccare uno Djabal… -

 

- Noi non bloccheremo il passo degli Djabei. E ti ricordo che dobbiamo prendere più di un aereo. Ti presenti in aeroporto così? –

 

- Ehm… - esita lui. Il castello di figaggine accompagnata da pistole ed infiniti effetti pirotecnici che si è costruito in testa inizia a vacillare. – Sì…? –

 

- No! – rispondono in coro gli altri due.

 

Erwin, che si è nascosto dietro agli stivali di Ida, sporge la testa per emettere un miagolio di severa disapprovazione. Erwin, gatto saggio, è sempre stato un grande devoto degli interventi diplomatici e a sfavore dell’utilizzo della violenza, se non contro tende e divano.

 

- Uffaaa, ma sono fighissimo! – si lamenta Matt.

 

- Non stiamo andando al fronte, ma in una riserva naturale. – fa notare Konrad, con tono severo. - Hai dieci minuti, poi si parte, o perdiamo il volo. –

 

Matt si gira, triste, e si dirige verso la camera a passi lenti. Voleva arrivare in aeroporto e gridare al mondo che andava a combattere le Catastrofi, che al suo ritorno l’avrebbero celebrato come un eroe: “Colui che ha abbattuto le montagne viventi”, o “Lui che ha affrontato un Orosk da solo ed è sopravvissuto”. Voleva cacciare la bestia più grande che gli si fosse parata di fronte ed appendere la sua testa come trofeo, o magari usare la pelliccia come tappeto o le sue zanne come braccioli per una poltrona... Ma tutto ormai è andato in fumo. Dannate guardie aeroportuali che non lasciano portare le granate in aereo!

 

- Ho parlato con John. – dice Ida a Konrad, mentre osservano l’amico andare in camera a posare le armi. – Vi aspetterà al vostro arrivo con un paio di assistenti per caricare tutto sulla megajeep. Poi vi porterà nella riserva. Portati abbastanza hard disk, se vuoi registrare tutto quello che incontri. –

 

- Ho un Petabyte di memoria. – risponde Konrad, pronto. – Basta, secondo te? –

 

Lei sorride. Vedere quei due così eccitati per qualcosa è raro ormai. La gioia e la determinazione che sprizzano da ogni loro poro scalda il suo cuore come una cioccolata calda d’inverno.

 

- Comunque, non potevate perlustrare i dintorni? – domanda, indicando i boschi attorno alla casa. - Ne hanno avvistati un paio anche qua in giro. –

 

- Lo so, sono sparsi in tutto il mondo, ma ce ne sono tantissimi nel cuore dell’Africa. – dice Konrad. – Laggiù stanno rimpiazzando interi ecosistemi, sostituendosi ad ogni anello della catena alimentare! È nato in pochissimi anni un’intera nuova catena alimentare, fatta solo di specie nuove! –

 

- In pratica un sacco di mostri sono spuntati assieme e hanno ammazzato tutti gli animali per prendere il loro posto. – l’idea non la alletta per nulla. Per quanto sia preoccupata per quei due, è molto felice di non essere quella che girerà la savana circondata da mostri.

 

- E il motivo per cui gli animali hanno sviluppato tutti improvvisamente un intelletto e si sono avvicinati a noi? Se c’è un modo per capire l’origine di queste creature e dell’elevazione degli animali, è sicuramente laggiù. –

 

- Arrivo subito! – grida Matt da dentro, affaticato.

 

Erwin salta nell’abitacolo di Ida e si siede al sedile del passeggero, fissandoli, senza dire nulla. La sua non è fretta di iniziare, ma fretta di finire. Per quanto scoprire cosa gli è successo possa attirarlo, preferisce farlo al chiuso, riflettendoci stando sdraiati sopra al divano che ha appena devastato.

 

Certe abitudini sono dure a morire.

 

- La mia auto è già carica col resto. – dice Konrad, ruotando la telecamera verso di sé. Poche ore ormai lo separano dall’inizio del suo sogno. – Appena arriva Matt si va in aeroporto, e poi Nairobi! –

 

 

 

Silenzio. L’aereo è pervaso da un che di spettrale mentre Konrad estrae lentamente la telecamera dallo zaino ed inizia a riprendere. I quasi tutti i passeggeri dormono, diffondendo nell’aria un piccolo brusio mentre russano. Fuori dal finestrino, l’alba inizi ad illuminare una lunga costa che si avvicina lentamente.

 

- Eccoci. – sussurra alla telecamera. In quadra prima Erwin che, acciambellato sul sedile accanto a lui con un’enorme cintura di sicurezza che lo stringe al sedile mentre dorme, o mentre finge di dormire come suo solito. Più in là, sul sedile che dà sul corridoio, Matt giace addormentato, afflosciato come se fosse lentamente morto durante il viaggio. Solo un rivolo di bava che cola dalla bocca spalancata e un leggero russare confermano che in realtà è ancora vivo.

 

- Abbiamo superato la metà del nostro viaggio in aereo. – annuncia Konrad a bassa voce, per non disturbare gli altri. Ruota la telecamera verso il finestrino, mostrando la costa dorata che stanno lentamente raggiungendo. - Abbiamo sorvolato tutto l’Atlantico e stiamo per raggiungere la costa dell’Africa. In ventiquattr’ore saremo in mezzo alle Creature del Nuovo Inizio, o le Catastrofi, come vengono chiamate generalmente. Facciamo un piccolo ripasso: una ventina di anni fa tutti noi ci siamo alzati e i nostri animali domestici sembravano più svegli del solito. Solo qualche mese più tardi abbiamo capito che era in effetti successo qualcosa di sconvolgente: il livello intellettivo di ogni essere vivente sulla Terra è aumentato all’improvviso. Tranne quello degli umani, a quanto pare. Ora gli animali ci capiscono e alcuni hanno reazioni abbastanza umane agli stimoli. Immagino conosciate la grande rivolta degli alci a Toronto, una decina di anni fa, o l’attacco coordinato di zebre e iene contro i bracconieri in Sudafrica, nello stesso periodo. Ora gli animali sono in uno stadio quasi tribale della civiltà, anche se alcuni hanno assimilato aspetti della nostra cultura e sono in grado di vivere civilmente, come Erwin. – La telecamera si muove di scatto ad inquadrare il gatto. – Non che per lui cambi molto. Dannato gatto viziato. –

 

Come se avesse sentito, Erwin si stiracchia, spalanca la bocca fin quasi a slogarsi la mascella per sbadigliare e si riacciambella, tornando a dormire.

 

- Ad ogni modo, - mormora. - Poco dopo sono comparse queste “Creature del Nuovo Inizio”. Cosa sono? Animali. Animali molto particolari. Dicono che alcuni violino le leggi della natura. Sono spuntate anche piante e funghi insoliti. Gli ultimi blackout nel sud degli Stati Uniti e in Messico sono dovuti ad un’infestazione di funghi che si nutrono di elettricità e che si diffondono a macchia d’olio. Ora, perché stiamo andando fino in Africa? Molto semplice: se voi avete visto passare uno Djabal dietro casa, i Kenioti si sono ritrovati senza più un ecosistema! Come se non bastasse lo sviluppo intellettivo degli animali, queste nuove specie, che non pare siano soggette a questa evoluzione, hanno completamente preso il posto degli altri animali, che sono fuggiti a sud verso le foreste e a nord verso quella che ora è la Riserva Naturale del Grande Lago del Ciad, il vecchio tentativo di bonifica del Sahara per adattarlo alla coltivazione. Ci accamperemo nella Riserva del Nuovo Inizio, nei pressi del lago Vittoria, madre del Nilo. Attorno a questa zona si dice siano nati i primi ominidi, i nostri antenati. Che non sia una coincidenza? Forse lo scopriremo in questo viaggio mentre documentiamo gli animali che incontreremo lungo il percorso. –

 

Konrad interrompe la registrazione e si guarda attorno. Nessun passeggero sembra essersi svegliato dal suo discorso. È riuscito a contenere l’entusiasmo e non gridare, cosa non da poco per lui. Tira un respiro di sollievo e ripone la telecamera nello zaino. Torna a guardare fuori e ammirare l’Africa sotto di loro. Un brivido di malato entusiasmo risale attraversando ogni cellula del suo corpo. “Ancora qualche ora”, si dice, “ancora qualche ora e saremo in mezzo alle Catastrofi”.

 

 

 

 

Dopo il Nuovo Inizio, la tecnologia si è evoluta nelle maniere più disparate. Sebbene ologrammi interattivi, auto volanti e intelligenze non siano ancora stati sviluppati, il progresso si è concentrato molto sulla creazione di infrastrutture e sull’invenzione di strumenti quotidiani riadattati per l’utilizzo da parte delle specie animali che sono state inglobate, sebbene a fatica, nella cultura umana, principalmente animali domestici come Erwin.

 

Di tutte queste “pippe scientifiche ed ingegneristiche”, come le chiama lui, John se ne sbatte bellamente. Per lui, “più grosso è meglio”. E quindi si concentra sulle cose più grosse. Ha cercato la telecamera più grossa che poteva trovare, il più grosso fucile per Orosk (ex “fucile per elefanti”, uguale ma con un nome diverso perché aggressivo nei confronti delle tribù di pachidermi) e la più grossa megajeep che noleggiavano i Kenioti. Alta quattro metri e lunga il doppio, somiglia più ad un monster truck corazzato che ad un normale veicolo corazzato. Quattro ruote del diametro di un Matt, rinforzate per i terreni più difficili, sorreggono un bestione con una corazza che fa invidia ad un carro armato. L’abitacolo, grosso come un piccolo monolocale, è munito di quattro comode poltrone in pelle reclinabili, un enorme parabrezza antiproiettile e una marea di piccoli schermi e sensori per rilevare cosa accade all’esterno del veicolo. Sul retro dell’abitacolo, una porta conduce alla “terrazza”, ovvero una sezione quadrata delineata da panche per osservare l’esterno protetti da una resistentissima rete in lega in grado di resistere all’attacco dei predatori più accaniti.

 

John adora quella macchina. E infatti si diverte a fare le derapate a oltre i cento all’ora in mezzo alla savana, mentre i tre passeggeri si godono il viaggio.

 

- Siamo arrivati? – chiede Matt, addentando un enorme pezzo di carne essiccata.

 

- Ma siamo partiti solo un’ora fa! – dice John.

 

- Appunto, è già passata un’ora! Bah. – si gira verso Konrad. – Erwin? –

 

- A prendere un po’ di aria sul retro. – risponde lui. – Vado a vedere come sta. –

 

- Speriamo che non sia stato male sul divanetto. –

 

- No, eh! – fa John, preoccupato.  – Non mi toccate il divanetto di pelle! –

 

Konrad si alza ed esce dalla porta alle spalle di John, raggiungendo la terrazza. Oltre la rete, la savana corre attorno a loro, alberi ed erba che si allontanano alle loro spalle. A sinistra dell’auto, una foresta inizia a stagliarsi all’orizzonte. Lo scienziato si appoggia con un ginocchio sulla panca e fa un respiro profondo, soddisfatto. Scruta il paesaggio attorno a loro, gli occhi che già sperano di notare qualcosa. Finalmente è qui, dopo anni di studi sui libri e sui servizi di altri, ora può fare lui le ricerche, a modo suo, e vedere da vicino le Catastrofi.

 

Un miagolio dolorante giunge all’orecchio di Konrad. Appoggiato allo schienale della panca alle sue spalle, con il muso premuto contro uno dei fori della rete, Erwin osserva l’esterno, sputando palle di pelo. Lo scienziato gli fa qualche carezza, poi estrae la telecamera con un’agilità da pistolero ed inizia a riprendere.

 

- Eccoci per strada! E guardate che bel gioiellino ci porta in giro! – Konrad mostra alla cinepresa la terrazza dell’enorme mezzo. – Entro sera dovremmo arrivare dentro alla riserva. Presto inizieremo a vedere le nuove creature che popolano queste terre. Anzi, guardate laggiù. – punta la telecamera verso l’orizzonte e ingrandisce, fino a quando non si nota una ripida montagna solitaria. – Quello laggiù. Lo riconoscete? È uno Djabal ub Tehal. Una montagna semovente. È insolito trovarli in questa zona del mondo in questo periodo dell’anno, questo esemplare deve essere rimasto indietro.  I suoi fratelli probabilmente ora sono già discesi fino alla Namibia, dove si buttano in mare per camminare sul fondo dell’Atlantico, diretti verso il canale che hanno scavato negli ultimi anni col loro passaggio in Nicaragua per attraversare le Americhe e dirigersi verso le steppe russe. Tra qualche episodio andremo proprio in Turchia, più precisamente ad Istanbul, al festival che celebrano apposta per il loro passaggio da oltre quindici anni. Si pensa che gli Djabei siano in realtà degli enormi molluschi. Gasteropodi, come le lumache, o addirittura echinodermi, come le stelle marine, i ricci di mare e i tappeti eschimesi. Alcuni ipotizzano che in realtà siano crostacei, degli immensi paguri, ma ci sono molti fattori che vanno contro questa ipotesi. Nessuno è ancora riuscito a vedere cosa c’è sotto alla montagna di roccia di uno Djabal, ma si sa che si nutrono del terreno sul quale camminano, che rimane arido al loro passaggio. Si sa anche che al loro interno si raggiungono temperature infernali. La loro scia è infatti il paradiso delle industrie minerarie. Uno Djabei lascia infatti alle sue spalle grandi quantità di metalli e gemme, che rilascia, si pensa, durante i suoi processi digestivi. Sì, avete capito bene: quella creatura caga metalli e pietre preziose. Avevo provato a comprare io stesso un pezzo di scia degli Djabei, ma quei maledetti dell’ONU hanno deciso poco dopo che nessuno poteva possedere parti della scia, quindi… –

 

- E di sapore? – chiede Matt, appena uscito dall’abitacolo, mentre si volta per osservare la montagna. Tira un altro morso ad un nuovo pezzo di carne.

 

- Be’, per quello che sappiamo o è un crostaceo o un gasteropode o un echinoderme. Quindi lascio a te definirlo. –

 

Matt rimane un po’ a guardarlo, ragionando sui termini che ha usato. Pian piano ci sta facendo l’orecchio, ma l’uso di termini troppo scientifici lo irrita sempre. Da tempo ha deciso di fare da traduttore per i comuni mortali a casa di quello che dice Konrad.

 

- In pratica un granchio, una lumaca o una stella marina? –

 

- Sì. –

 

- E parla bene, che diavolo! – Matt ci riflette un attimo. – Be’, se fosse un granchio non sarebbe male. Ci sarebbe molto da mangiare. Una stella marina? Sa vagamente di pollo, ma è viscida… -

 

- Hai mangiato una stella marina? –

 

- Sì, quando ero naufragato in un’isola al largo del Cile. – Matt si siede sulla panca con fare rilassato. Dà ingoia l’ultimo pezzo di carne e allarga le braccia lungo lo schienale, stravaccato.

 

- Ma tu non sei mai naufra… -

 

- Comunque, l’ho trovata, l’ho raccolta e cotta sul fuoco nel suo guscio. Saporita, ma va cotta con attenzione. Se la si cuoce come un classico filetto, l’interno rimane crudo e molliccio. Forse cuocerlo con il guscio non è il massimo, viene una sorta di bollito. Sa di pollo, però il tappeto eschimese è suo parente, no? Quel coso sa più di maiale, quindi non ti so dire. E se è una lumaca, be’, suppongo che piacerà molto a Xavier. –

 

- Non. Nominarlo. – scandisce Konrad, di colpo alterato. Mai nominare Xavier davanti a Konrad. Gli ha rubato troppe teorie e scoperte da sotto il naso mettendoci la sua firma.

 

- Scusa. –

 

Rimangono per un po’ in silenzio, osservando la montagna in lontananza, mentre davanti a loro si inizia ad ergere una foresta. Konrad si volta verso Matt.

 

- Hai veramente mangiato una… -

 

- Era una situazione di estrema necessità! –

 

- In Cile? –

 

- Sì! –

 

- Quando eravamo in vacanza al confine col Perù? –

 

- Ehm… -

 

- Quando te ne sei andato a nuoto nella spiaggetta accanto e sei tornato in albergo solo nel pomeriggio? –

 

- Ehm… -

 

Konrad sospira.

 

- Sento già gli animalisti che ci stanno addosso. – commenta, sconsolato, interrompendo la registrazione.

 

- Ehi, io almeno li mangio. – fa Matt, sedendosi. – Tu sei sempre lì a guardare come sfruttarli per soldi. –

 

- Le mie ricerche hanno bisogno di finanziamenti, ok? –

 

- Certo, certo. –

 

- Miao. – Erwin si avvicina a Matt, con fare preoccupato.

 

- Sì, Erwin? Che c’è? – fa il cacciatore.

 

Il gatto sembra restio ad intraprendere un discorso, poi, esitante, allunga la zampa verso la gamba di Matt, come a indicare il punto dove si era seduto.

 

- Non dirmi che… - fa lui.

 

Muove leggermente la gamba, a sentire cosa c’è sotto. Caldo. Umido. Tanti piccoli pezzetti, delle dimensioni di… croccantini. Dopo qualche secondo di studio, sulla sua faccia si forma una smorfia disgustata.

 

- Giuro, Erwin, che un giorno ti faccio allo spiedo. – commenta. – Che schifo. –

 

 

 

Dopo l’avvento delle Catastrofi, “le Nazioni Unite si sono rese utili”, come dice sempre Konrad. I Paesi africani, che già venivano finanziati per compensare per le siccità che li colpivano e per lavorare ad immense strutture per coltivazioni ed energia a livello mondiale, vennero ricoperte ancora di più di denaro. E chi è riuscito ad accaparrarsi più soldi, per vie legali o illegali che fossero, ha prosperato. Chi ne ha giovato di più sono il settore della sicurezza e del turismo, che hanno dovuto cooperare fin quasi ad unirsi per garantire che i pochi turisti ostinati che vogliono ancora fare un safari non vengano uccisi all’istante dalle Catastrofi. Se prima passare una notte nella savana consisteva nello stare in una casetta in legno su di un albero dove non potevano salire neanche i predatori più abili, ora la situazione è molto differente. Ora, per invogliare i sempre più rari visitatori, infatti, la notte tra le Catastrofi, nel caso di Konrad e Matt estesa a diversi giorni di permanenza per “motivazioni scientifiche”, significa vivere in una fortezza impenetrabile di calcestruzzo armato e acciaio, posta sopra ad un enorme cilindro di cemento alto svariati metri. All’interno, mille sensori e telecamere mostrano su altrettanti schermi ciò che succede all’esterno. Ma ovviamente a John ed Erwin tutto questo non interessa. Loro sono più attirati dalla jacuzzi al piano superiore, con un soffitto in vetro a cupola che mostra tutto il paesaggio attorno.

 

A Matt interessano i sensori solo per sapere in che direzione sparare.

 

Appena saltati giù dalla megajeep, Konrad inizia a riprendere.

 

- Eccoci alla nostra nuova casa! – esclama entusiasta alla sua telecamera, inquadrando la fortezza. – Staremo qui per una ventina di giorni, in mezzo alla natura, pronti ad osservare le creature che scorrazzeranno sotto di noi. Stanotte vedrete, che spettacolo. –

 

- Ehi, Konrad. – chiama Matt, investigando gli schermi  – Ma non c’era un laghetto qui attorno? –

 

- “Laghetto”?! – ripete lo scienziato, allibito. - A mezz’ora di distanza da qui abbiamo il lago Vittoria! È uno dei laghi più grandi del pianeta! Il Nilo nasce qui! –

 

- Aaaaah, quello. – fa lui, fingendo palesemente di capire.

 

- Ad ogni modo. – Konrad si volta di nuovo verso la telecamera, prima di irritarsi troppo per l’ignoranza del suo compare. - Abbiamo visto prima lo Djabal, al tramonto salteremo di nuovo in macchina per esplorare questo ecosistema, che si riempirà di luci. Molte di queste nuove creature sono infatti bioluminescenti. Una cosa strana, visto che le specie che abitavano qui prima avevano tutte una pelliccia fatta apposta per mimetizzarsi. Pensate ai classici animali della savana, coi colori giallini dell’erba secca. Ora, pensate ad un orosk: un bestione luminoso grosso come la nostra megajeep. Come fa a passare inosservato nella notte, se emette luce? È possibile che sappia controllare la luminosità, come una seppia sa cambiare colore a piacimento? Speriamo di vederlo stasera! Ora riempiremo la nostra casetta di sensori e registratori, così appena qualcosa passa in zona lo sapremo. Abbiamo una dozzina di telecamere termiche da piazzare. Ci vediamo una volta finiti i preparativi! –

 

Konrad chiude la telecamera e si gira a guardare gli altri due.

 

- Erwin? – chiede.

 

- Già dentro. – risponde John. - Probabilmente a caccia di insetti, ragni e serpenti. –

 

- Non ci sono, si sono evoluti e spostati dalla zona. –

 

- Ah, già. –

 

- Lo troveremo acciambellato su di un letto. –

 

- Speriamo che non vomiti pure su quello. – commenta Matt, ripulendosi la gamba del pantalone con una grossa foglia.

 

 

Il sole è già calato completamente da qualche minuto e le tenebre stanno iniziando ad allungare le loro dita lungo il cielo. Negli ultimi attimi di crepuscolo, la megajeep corre lungo una striscia di erba secca vagamente battuta. Nell’abitacolo, Konrad sta sistemando le ultime impostazioni della telecamera, consegnandola poi a Matt.

 

- Ci sei, Matt? – chiede, guardando oltre l’inquadratura.

 

- Sì, sì, sta andando. – risponde lui.

 

- Oh. – commenta, guardando la telecamera e cambiando tono all’istante. – Ehilà! Saranno stati due minuti per voi, ma un intero pomeriggio per noi! Come potete vedere è il crepuscolo, e noi siamo saltati in macchina per osservare più da vicino la fauna. Per ora non abbiamo visto molto, ma l’area sta iniziando a popolarsi di rumori. Presto speriamo di intravedere una qualche luce. Stiamo per entrare nel folto della foresta con la megajeep per vedere se becchiamo una qualche Creatura del Nuovo Inizio. –

 

Un piccolo bip, leggero ma insistente, attira l’attenzione di Matt. Viene da uno schermo ripiegato in una tasca davanti al suo sedile.

 

- Ehm… Kon. – lo chiama Matt, indicando con un cenno della testa nella direzione dello schermo.

 

- Il fatto che non ci siano quasi più insetti è surreale. – continua lui, ignorandolo. - Niente ronzii, niente frinii, assolutamente nulla, se non il ronzio del motore e il frusciare delle foglie sospinte dal vento! –

 

- Kon! –

 

- Cosa? –

 

- Guarda. – il cacciatore estrae lo schermo, dove una mappa con un triangolo al centro indica un oggetto in avvicinamento da destra. Una volta tirato fuori il display, il suono cessa.

 

Konrad cerca di contenere l’entusiasmo, mentre un grande sorriso inizia a percorrergli il volto.

 

- Il nostro primo incontro. – commenta, iniziando a sussurrare. – John, ferma la macchina e spegni tutto. Noi andiamo sul retro a vedere. Niente luci, niente rumori. –

 

- Nel caso non funzionasse la gabbia in acciaio, io ho sempre questo. – annuncia Matt, mostrando alla telecamera un enorme fucile a pompa.

 

- Non servirà. – interviene Konrad, infastidito dai metodi del socio. – Andiamo. –

 

I due escono dalla porta sul retro e osservano il buio della foresta dalla terrazza.

 

- Vedi luci? – sussurra Matt a Konrad. Lui scuote lentamente la testa.

 

- Lo scanner indicava qualcosa di grosso. –

 

- Orosk? –

 

- Non lo so. Ma se non c’è luce deve essere qualcos’altro. –

 

- Miao. – Erwin compare tra le loro gambe, strusciandosi. Poi le sue orecchie si drizzano e salta sopra al sedile, puntando lo sguardo dritto nel folto della foresta.

 

Konrad si china verso di lui e allinea il suo sguardo a quello del gatto, scrutando nel buio.

 

Poi, un suono riecheggia per la foresta, il tonfo cupo di una grossa zampa che si posa violentemente contro il sottobosco. Poi un’altra, e un’altra ancora. Konrad prende un binocolo ad infrarossi e guarda ancora, finché non lo vede: una massa di carne alta quattro metri che ricorda vagamente un felino. Sei zampe deformi pestano il terreno, mentre un muso orripilante annusa l’aria. La pelliccia, una volta stupenda, cade lasca in alcuni punti, come un vestito indossato male.

Attraverso il filtro verzino del visore notturno non ha dubbi.

 

- Cazzo. – sussura Konrad a denti stretti. Afferra il walkie talkie all’istante. – John. –

 

- Mm? – fa lui, dal walkie talkie.

 

- Accendi la macchina. – continua lui, contenendo il timore.

 

- Perché? –

 

- Fallo. Preparati a partire. Matt, tu continua a riprendere. –

 

Matt attiva la modalità a infrarossi della telecamera e osserva attentamente la creatura.

 

- È gigante. – nota. – Grosso, sei zampe… è un orosk! –

 

- Non fa luce, non è un orosk. – commenta Konrad. – È ben peggio. –

 

La megajeep si accende, il motore che ronza. La creatura gira di scatto la testa nella loro direzione, attirata dal rumore.

 

- Ci ha sentiti. – avverte Matt.

 

- John, parti ma con calma. Niente sgasate. Fai il giro largo per tornare alla base. –

 

John non si fa troppe domande e sfiora l’acceleratore, iniziando a muovere la macchina. Un potente ruggito riecheggia per la foresta. Matt, senza smettere di riprendere, vede attraverso la telecamera una montagna di carne che carica nella loro direzione, la bocca deforme spalancata. Getta la telecamera addosso a Konrad ed imbraccia il fucile.

 

- Quello ti sarà inutile. – dice lo scienziato, continuando a guardare la bestia, sempre più preoccupato. Si rivolge di nuovo a John. – Cambio di programma. A tutta potenza. Portaci via di qui, subito! –

 

- Se non è un orosk, che cos’è? – fa Matt, confuso. - Cosa c’è di peggio di un giaguaro a sei zampe grosso come una megajeep? –

 

- Vuoi sapere cosa c’è di peggio di un orosk? – chiede Konrad. Matt riesce a vedere il terrore che prende possesso dei suoi occhi.

 

John affonda il piede nell’acceleratore, facendo partire la macchina a tutta potenza, ma è inutile. Il bestione scatta e afferra la gabbia con le sue enormi zampe deformi.

 

- È un cortodiolo che si è mangiato un orosk! – grida Konrad.

 

- Oh, mio dio! – esclama Matt, puntando col fucile al muso della creatura.

 

Parte un colpo, e una pioggia di piombini si schianta contro la testa della bestia. Dall’orbita vuota del cortodiolo parte un pezzetto di carne, ma il mostro continua ad aggredire la macchina, impassibile.

 

- John, non ti fermare per nessun motivo! Portaci via! – strilla Konrad nel walkie talkie.

 

- Non è assolutamente nelle mie intenzioni! – replica lui, continuando a far correre la megajeep per la foresta.

 

Matt spara un secondo colpo al mostro, ma senza successo. Anzi, alcuni pezzi di carne, caduti sopra alla rete, iniziano a muoversi da soli e a corrodere la rete.

 

Erwin soffia al cortodiolo, attaccando alcuni pezzi di carne con i suoi artigli, ma senza successo. L’auto sbanda lungo il percorso sterrato, ma John riesce a tenerla abbastanza stabile per permettere a Matt di sparare di nuovo, mentre Konrad, impotente, può solo limitarsi ad allontanarsi dalla bestia e continuare a riprendere l’orrore.

 

Il mostro si aggancia alla macchina e divelle metà della rete con le sue immense fauci sconnesse. La pelle si apre in vari punti per inglobare il metallo appena saccheggiato dal veicolo, e i frammenti affondano nel suo corpo come sassi gettati in mare. Un ruggito assordante li investe, mentre una pioggia di muco e saliva li ricopre da capo a piedi. Con un altro colpo di zampa, la rete vola via, mentre l’auto sobbalza.

 

Erwin, colto alla sprovvista, vola in aria mentre addenta un pezzo di carne del cortodiolo e finisce fuori dall’auto, cadendo sul dorso del mostro, che lo ingloba all’istante.

 

- Erwin! – gridano all’unisono Matt e Konrad, ma non possono fare altro che continuare a sparare, nella speranza che la bestia molli la presa della macchina.

 

Qualsiasi cosa assorbita dal cortodiolo non viene più ritrovata. Per Erwin non c’è speranza. A Konrad scende qualche lacrima, ma il panico infesta così tanto le loro menti che non possono perdersi nel lutto se non vogliono fare la stessa fine.

 

Matt continua a sparare, fermandosi solo per ricaricare i colpi, ma si rende conto che ogni suo tentativo è inutile.  Sta solo sprecando proiettili. Impreca sottovoce mentre pensa ad una soluzione, ma non ne trova.

 

Prima che possa giungergli una qualche illuminazione, una potente zampata cala sulla terrazza, facendo impennare la megajeep. Entrambi vengono sollevati in aria e proiettati all’esterno del veicolo. Cadono riversi nella foresta, mentre il cortodiolo insiste, concentrato sull’auto, che si allontana rapida attraverso la foresta, abbandonandoli nel sottobosco, privi di sensi.

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